Astrofotografia per principianti

Questa pagina è rivolta a coloro che, appassionati di astronomia e fotografia, vogliono cimentarsi nell'acquisizione di immagini celesti. E' rivolta unicamente all'utilizzo della macchina fotografica.
Le prime cose che dobbiamo assimilare quando decidiamo di fare fotografia astronomica sono: la debole intensità luminosa che proviene dal cielo e il moto apparente delle stelle sulla volta celeste.
Infatti questi due ostacoli ci accompagneranno per tutto il nostro viaggio di astrofotografi fino a diventare parte di noi stessi
Per cominciare a fare fotografie astronomiche non è necessario avere un'attrezzatura particolare, anzi, non è necessario avere neanche un telescopio.
Servono: una macchina fotografica reflex con otturatore meccanico in quanto quelle moderne con otturatore elettromagnetico consumano le pile in maniera impressionante; un buon cavalletto, una pellicola ad elevata sensibilità (almeno 400/800 ISO), uno scatto flessibile con la vite di bloccaggio e un obbiettivo luminoso.
Dopo aver trovato un posto abbastanza buio e avere posizionato la macchina fotografica sul cavalletto, caricato la pellicola e innestato lo scatto flessibile, siamo pronti per la prima fotografia al cielo stellato.
Per cominciare conviene cimentarsi sulle costellazioni in quanto quasi tutte sono fotografabili con un obbiettivo di 50 mm (quello normalmente in dotazione alla macchina fotografica). Sono vivamente sconsigliati gli obbiettivi zoom in quanto sono meno luminosi e offrono una qualità ottica inferiore a un obbiettivo a ottica fissa.
Il tempo di esposizione varia in funzione della focale dell'obbiettivo e della posizione della costellazione nel cielo. Infatti con un obbiettivo da 50 mm potremo esporre per circa 40 secondi le costellazioni molto vicine alla polare, mentre il tempo di esposizione per le costellazioni in prossimità dell'equatore celeste, non potrà essere superiore ai 15/20 secondi. Se utilizzassimo tempi di esposizione maggiori non avremmo un guadagno in quanto il moto di rotazione terrestre comincerebbe a far apparire le stelle come piccole strisce e la luce si disperderebbe su una superficie di pellicola più ampia, senza saturare gli alogenuri che la compongono. Poiché i tempi di esposizione con questa tecnica sono molto brevi è consigliabile utilizzare un diaframma abbastanza aperto e utilizzare una pellicola molto sensibile. In questo modo potremo "catturare" più stelle senza avere un mosso apprezzabile sulla fotografia.
Questa tecnica può essere utilizzata anche per la fotografia di meteore o di campi stellari.
Logicamente dopo i primi tentativi riusciti sorge il desiderio di fare un salto di qualità. Le riviste astronomiche e i libri pullulano di stupende foto fatte da astrofili e la tentazione di arrivare subito a quei risultati è grande.
Non dobbiamo però farci prendere dalla frenesia. Nella fotografia astronomica non esiste un "punto di arrivo". Ogni volta che si fotografa un nuovo oggetto viene voglia di cimentarsi su un altro e così via, magari acquisendo nuove tecniche grazie al contributo di altri astrofili. 
Il passo successivo consiste nel riuscire a incrementare il tempo di esposizione riuscendo, però, a mantenere le stelle puntiformi sulla pellicola.
Per ottenere questo risultato è necessario compensare il moto di rotazione della Terra (che è di circa 23h 56m rispetto alle stelle).
A questo punto si rende necessario incrementare la nostra dotazione strumentale. Possiamo usare un astroinseguitore (cioè una piccola montatura equatoriale che, una volta ben stazionata, compensa il moto di rotazione terrestre) oppure possiamo utilizzare un telescopio come supporto della macchina fotografica. 
Nel primo caso sarà necessario utilizzare un motore che permetta all'astroinseguitore di compensare automaticamente la rotazione apparente della volta celeste, mentre nel secondo caso potremo essere noi il "motorino" di inseguimento.
La cosa fondamentale, da questo momento in poi, sarà ricordarsi di mettere in postazione la nostra attrezzatura in modo tale che l'asse polare dell'astroinseguitore o del telescopio sia perfettamente allineato sul Polo Nord celeste (a circa 47 primi d'arco  dalla Stella Polare).
La messa in postazione dello strumento deve essere la più precisa possibile in quanto, aumentando sempre più i tempi di esposizione, gli eventuali errori diverranno sempre più visibili e fastidiosi.
Per una buona messa in postazione di un telescopio consiglio di guardare la pagina relativa.
Utilizzando sia l'astroinseguitore che il telescopio come strumento di guida è comunque necessario tenere presente le condizioni del cielo, che influiscono in misura molto maggiore sul risultato della fotografia rispetto alla foto effettuata sul cavalletto. Infatti aumentando il tempo di esposizione dobbiamo tenere conto della luminosità del cielo che non è mai completamente nero.
Un altro fattore di cui dobbiamo tenere conto nella fotografia a "lunga posa" è il difetto di reciprocità delle pellicole. Questo difetto consiste nella diminuzione progressiva della sensibilità della pellicola con l'incremento del tempo di esposizione. In pratica una pellicola da 400 ISO esposta per 10 minuti darà gli stessi risultati di una pellicola da 25 ISO esente da tale difetto.
Comunque, effettuando vari test con pellicole diverse potremo valutare i limiti delle varie pellicole sia in rapporto al difetto di reciprocità sia alla dominante (se utilizziamo pellicole a colori). Infatti le emulsioni a colori presentano un difetto di reciprocità diverso per ogni singolo colore che le compone e difficilmente riusciremo ad avere una fotografia che esprima fedelmente i colori dei vari oggetti del cielo.
Con un buon astroinseguitore potremo, se ben stazionato, utilizzare focali di 135 mm o superiori (in certi casi si può arrivare anche ai 400 mm) per tempi di esposizione di 10/15 minuti. Con una pellicola sensibile (400/800 ISO) e sotto un cielo esente da inquinamento luminoso, utilizzando un teleobbiettivo aperto a F:4 potremo fotografare oggetti come la Galassia di Andromeda (M31), la nebulosa di Orione (M42), la nebulosa Nord America (NGC 7000), l'ammasso delle Pleiadi (M45) o il doppio ammasso in Perseo (NGC 869/884).
L'utilizzo dell'astroinseguitore è comodo perché non obbliga a correzioni continue del puntamento ma è limitativo in quanto non permette di incrementare l'ingrandimento oltre un certo limite e non garantisce buoni risultati con esposizioni particolarmente lunghe.
L'inseguimento tramite il telescopio, invece, è più difficoltoso in quanto obbliga l'astrofilo a un controllo continuo del puntamento ma, d'altra parte, permette di non avere limiti teorici del tempo di esposizione (il limite è dovuto alla luminosità del cielo) e della focale utilizzata.
E' fondamentale, in ambedue i casi ma soprattutto con il telescopio, avere una montatura molto stabile e un cavalletto che non fletta o vibri. Altrimenti le nostre foto saranno sempre soggette a un fastidiosissimo "mosso" che, oltre a causare una imperfetta visione dell'immagine, non consentirà di rilevare stelle ed altri oggetti di debole luminosità.
Nella fotografia con il telescopio (in questa prima fase utilizzato solo come inseguitore) sarà necessario disporre di un oculare con un reticolo di puntamento illuminato. In commercio se ne trovano di vario tipo e di tutti i prezzi. Nell'uso dobbiamo tenere conto che il reticolo dell'oculare deve giacere esattamente sul piano focale dell'oculare stesso e coincidere esattamente con il fuoco della stellina di guida altrimenti, per il fenomeno della parallasse, spostando leggermente l'occhio noteremo uno spostamento della stella rispetto al reticolo.
Un'altra cosa che dobbiamo tenere conto nell'uso dell'oculare di inseguimento è che alcuni di essi non presentano solo due righe perpendicolari tra loro ma, spesso, altre linee, cerchi, e riferimenti vari. Per utilizzare l'oculare durante una posa fotografica dobbiamo posizionare una stella esattamente all'incrocio tra due linee perpendicolari e mantenerla sempre in quella posizione.
E' utile posizionare le linee parallele ai movimenti in A.R., e declinazione in modo che un minimo spostamento in una direzione sia immediatamente identificabile e la correzione possa avvenire senza introdurre altri errori.
Un altro fattore di cui dobbiamo tenere conto man mano che incrementiamo la lunghezza focale dell'obbiettivo che utilizziamo è quello relativo alle vibrazioni introdotte dal meccanismo della macchina fotografica che ribalta lo specchietto e apre l'otturatore. Conviene posizionare un cartoncino nero davanti l'obbiettivo della macchina fotografica, aprire l'otturatore, e dopo qualche secondo spostare delicatamente il cartoncino per cominciare la fotografia. Questa tecnica è valida soprattutto per fotografare luna e pianeti, mentre per il cielo profondo qualche secondo di vibrazione non influenza la posa che dura svariati minuti.
Fino ad ora non abbiamo parlato della visione degli oggetti nel mirino della macchina fotografica e di come si mette a fuoco in quanto, per focali corte, basta sapere in quale zona si trova l'oggetto che cerchiamo e puntarvi la macchina fotografica dopo avere ruotato la ghiera di messa a fuoco dell'obbiettivo su infinito.
Aumentando la focale questi due problemi acquistano una rilevanza sempre maggiore e diventa necessaria una buona conoscenza del cielo per la localizzazione degli oggetti da fotografare. E' consigliabile controllare l'allineamento della macchina fotografica e del telescopio puntando un oggetto ben visibile (una stella particolarmente luminosa, la luce di una casa lontana o comunque un oggetto distante). Se tale oggetto risulta al centro dell'oculare del telescopio e al centro del mirino della macchina fotografica avremo un buon allineamento e, trovando l'oggetto da fotografare nell'oculare del telescopio, saremo certi che sarà anche nel campo inquadrato dalla macchina fotografica.
La messa a fuoco dovrà essere curata con particolare attenzione in quanto più sarà accurata e minore sarà l'area della pellicola in cui verrà dispersa la luce di ogni singola stella.
Un buon sistema, semplice da utilizzare, consiste nell'utilizzo di una maschera del diametro leggermente superiore all'obbiettivo utilizzato. Tale maschera dovrà presentare tre fori, ciascuno di un diametro pari a 1/3 dell'obbiettivo, posti a triangolo e con il bordo coincidente con il bordo dell'obbiettivo.
Se applichiamo la maschera davanti all'obbiettivo e inquadriamo una stella, nel caso in cui la messa a fuoco sia imprecisa vedremo la nostra stellina "tripla". Più siamo distanti dalla messa a fuoco e maggiore è la separazione tra le tre stelle. Se riusciamo a riunire le tre stelle in un'unica immagine saremo sicuri di avere messo a fuoco il nostro oggetto.
Queste semplici norme servono per cominciare a fotografare il cielo. E' consigliabile crescere lentamente, facendo tesoro di ogni singolo errore e confrontandosi continuamente con altri appassionati. Non è necessario che i nostri interlocutori abbiano cominciato da più tempo o con strumenti migliori l'avventura dell'astrofotografia. L'importante è cercare di ottenere sempre il massimo da ciò che abbiamo a disposizione.
Un ultimo discorso, prima di cominciare a fotografare il profondo cielo, riguarda le pellicole. Quando ho cominciato ad avvicinarmi alla fotografia la scelta era molto limitata: poche pellicole in bianco e nero e con una grana evidente.
Oggi le nuove emulsioni permettono di sfruttare molto meglio le caratteristiche delle pellicole. Possiamo scegliere tra il bianco e nero e il colore, tra i negativi e le diapositive, sapendo che il mercato offre sempre qualcosa che possiamo utilizzare. Il mio consiglio personale, se non disponiamo di un buon laboratorio fotografico che sappia come trattare le fotografie astronomiche (sia come sviluppo sia come stampa), è di utilizzare le pellicole in bianco e nero, provvedendo personalmente allo sviluppo e facendo stampare i negativi al laboratorio.
Il costo di un'attrezzatura per sviluppare in bianco e nero è molto ridotto, pochi biglietti da 10 Euro. In compenso, dopo avere preso una certa pratica, avremo dei negativi che sono sempre sviluppati nel medesimo modo e perciò saremo in grado di valutare meglio gli errori e la nostra evoluzione come astrofotografi. Inoltre il bianco e nero offre pellicole di elevata sensibilità che ci permettono di ridurre i tempi di esposizione.
In seguito, acquisendo esperienza nell'inseguimento, saremo tentati di aumentare la definizione dell'immagine utilizzando pellicole a grana fine. In questo caso converrà utilizzare pellicole a bassa sensibilità "ipersensibilizzate", come la famosa Kodak TP 2415, sempre che si trovi ancora in quanto è purtroppo uscita di produzione dall'estate del 2005.
Nel caso in cui, invece, decidessimo di utilizzare il colore è più conveniente usare le diapositive in quanto meno soggette all'interpretazione del tecnico del laboratorio che, stampando un negativo quasi trasparente (perché è così che appare il negativo di una foto astronomica), tende a sovraesporre la stampa schiarendo irreparabilmente il cielo e facendoci perdere i dettagli.
Esistono in commercio diapositive di sensibilità elevata (fino a 1600 ISO senza tiraggio) ma, anche in questo caso, sarà la nostra esperienza e il nostro gusto estetico a farci scegliere la pellicola da utilizzare.
Mi scuso per eventuali errori nel testo e mi auguro che queste mie righe possano essere di aiuto a chi, come me, vuole cimentarsi in un hobby così particolare.


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